Trecentosessantacinque.

Lo scrivo così, in lettere, perché non voglio farla troppo semplice.
Qualcuno li odia i numeri, e forse lo fa perché non lasciano libertà di interpretazione.
I gatti son 44, divisi in gruppi da 6, col resto di 2: chi siano quei due non importa a nessuno, cosa ci facciano là nelle retrovie non è importante.
Quel che conta è che siano compatti e coi baffi ben allineati.
I numeri rendono le cose più semplici, ma dietro ai numeri si nascondo complessità affascinanti che rendono un numero qualcosa di più umano, qualcosa di vivo. Anche i numeri, alla fine, sono parole.
Il prossimo 24 febbraio saranno trecentosessantacinque i giorni passati dalla chiusura di Spazio YAK per l’emergenza Covid. E ci manca, ci manca molto.

Questa newsletter nasce dal desiderio di raccontare una complessità in movimento… quello che ho scoperto in questi trecentosessantacinque giorni da #chiusodentro è che il teatro è qualcosa di molto di più della sua scatola.
Ho scelto di fare teatro perché odio i numeri. Ho scelto il teatro perché è qualcosa che si muove, respira, cambia dimensione. Per quanto si cerchi di dargli una forma, il teatro vive fuori ogni sua definizione, fuori da ogni numero, fuori da ogni Fus.

Abbiamo bisogno di restare connessi al cuore del Teatro, raccontare i suoi processi, andare oltre ai numeri. Ecco il perché di questa newsletter: per condividere un battito con ciascuno di voi, ritrovare quella materia viva capace di assumere qualunque forma.

Stefano Beghi

NOTIZIE DAL QUARTIERE

YAK AROUND: UNA SCOMMESSA SUL FUTURO
All’inizio di febbraio, abbiamo presentato il progetto YAK AROUND alla giunta del comune di Varese, insieme agli architetti di DASTU-Politecnico di Milano. Erano presenti il sindaco Galimberti, gli assessori Civati, De Simone, Molinari e Strazzi, le Cooperative B.Plano e NaturArt.

Yak Around è un progetto nato da una scommessa: la presenza di uno spazio culturale abitato e vivo all’interno di uno spazio urbano ha la possibilità di rigenerare un territorio sotto tutti i punti di vista. Può la cultura far rivivere un intero quartiere?
Con YAK AROUND crediamo sia possibile. Il progetto vuole avere un forte impatto sociale, che parte dall’ascolto delle istanze del territorio, a partire dai focus group organizzati dal Politecnico con alcune famiglie del quartiere, per sondare le esigenze, comprendere i bisogni e immaginare insieme il futuro.

Il progetto ha già messo in campo delle attività di attivazione della cittadinanza: a giugno lo SPAVENTAPASSERI DAY in collaborazione con DelleAli; a luglio lo spettacolo CYRANO *****, co-prodotto con la Compagnia Oyes di Milano; a ottobre IDEDALO, co-prodotto con la MaMiMò di Reggio Emilia, una performance di esplorazione del quartiere con l’utilizzo di nuove tecnologie.

Quali sono i prossimi passi? L’ambizione è di riuscire a dare nuova vita alla Piazza Fulvio de Salvo, dove c’è Spazio YAK, attraverso un’attività di co-progettazione tra il Politecnico di Milano e la cittadinanza.

CANTIERI

LILY E ADAM: FIGLI NOSTRI EPPUR COSì DIVERSI – DI ANGELA DEMATTÉ

Susanna Miotto mi ha chiesto di scrivere 1000 battute o più per parlare del nostro lavoro su “Lily e Adam”. Susanna l’ho conosciuta ad un corso di drammaturgia. Io lo tenevo nel loro spazio Yak e lei frequentava, come rappresentante della compagnia ma allieva come tutti gli altri. Mi aveva proposto un lavoro su Frida Kahlo. Era un progetto piuttosto scomposto e stravagante, vagamente onirico e certamente adorabile. Come è lei. Inizialmente. Cioè all’inizio Susanna ti appare così, un’anima riservatissima e leggera, venuta fuori da qualche salice magico di una foresta celtica. Poi scopri che la sua anima è molto più sapiente e strutturata di quanti pensi, tiene dentro un segreto che lavora e produce parole e situazioni che velocemente si strutturano in scrittua e interpretazione teatrale. Ma non te lo dice mai. E’ così che lei ti riserva sorprese. Come un testo bellissimo sulla Bauhaus, che poi è stata la sua produzione nel laboratorio fatto insieme. Parlo di Susanna perché è lei che mi ha chiesto di scrivere 1000 battute per parlare del nostro lavoro.

Poi devo parlare di Stefano.
Dunque Stefano l’ho conosciuto qualche anno fa, prima di Susanna. Precisamente sulle gradinate della Robur, mentre mio figlio faceva il corso di nuoto. Era l’unico momento in cui si riusciva ad incrociarci, a quanto pare. L’avevo chiamato io, perché mi aveva colpito l’intraprendenza di questo ragazzo che si era inventato una rassegna di teatro contemporaneo, con serata musicale e aperitivo connessi, al Teatro Santuccio. Mi ricordo che avevo pensato: questo ragazzo è intraprendente e appassionato, voglio capire di più. E lui con la sua libertà e umiltà aveva accettato questo incontro stravagante, sulle gradinate della Robur. Mi aveva portato delle fotocopie con i suoi lavori… doveva essere ancora un momento in cui non si mandavano link con la facilità con cui li mandiamo ora, oppure il cartaceo era un po’ più serio, non vetusto come lo sentiamo ora. Sto parlando comunque di sei o sette anni fa, se non sbaglio, dovevo avere qualche figlio in braccio, ma non mi ricordo quale dei tre… in ogni modo, alcune cose sono cambiate da allora per me e per loro. Loro adesso hanno una sede che hanno chiamato Spazio Yak, come questo animale resistente e silente ma presente.

Lì vi abita, oltre a loro, Maddalena e poi Riccardo.
Maddalena è una di quelle organizzatrici preziose che ci sono, sempre, ma non sono mai ingombranti. Ti manda un messaggino per ricordarti che, se per caso ti fosse sfuggito, entro due giorni dovresti mandare il copione altrimenti non possono girare le scene da inserire nella puntata. Ma lo fa senza pesarti, così, come promemoria, tanto che tu non ti senti pressata perché te l’ha mandato nel momento giusto, non devi correre, puoi scrivere con calma. E anche se avevi già iniziato a scrivere sei solo rincuorata per il fatto che c’è una che ci sta pensando, che ha sotto controllo la situazione.

Riccardo è un giovanissimo attore, che per tanto tempo ho visto solo online. Gli occhi li ho visti dopo mesi, visto che Adam, i primi tempi, aveva gli occhiali da sole. Anche lui, come Susanna, ha quella riservatezza che si schiude solo al momento giusto, quando è in scena e si mette al lavoro.
Sono tutti un po’ yak, in fondo. Resilienti e riservati.

Alice invece l’ho vista in scena come “Striga”, con questo personaggio sghembo e forte che lei riusciva a cesellare con l’aiuto di Stefano. Per me Alice è ancora un’apparizione straordinaria nelle nostre puntate, che mi soprende per la sua duttilità e fantasia d’attrice.

Ma veniamo a Lily e Adam. Perché, come immaginate, all’inizio non si chiamavano così. Non si chiamavano proprio, veramente. Eravamo durante la pandemia. Stefano mi dice che hanno già provato a fare degli esperimenti di teatro via zoom coi bambini e funzionano. Susanna e Riccardo hanno già lavorato insieme su questo, ognuno a casa sua, collegati via zoom, addirittura sono riusciti ad animare delle feste di compleanno. Stefano mi propone di fare una sorta di serie teatrale a puntate, due personaggi vivono un’avventura insieme ai bambini.

Ora non mi ricordo esattamente tutti i passaggi, ma per fortuna io sono un po’ maniaca del diario di bordo e dunque lo posso andare a recuperare. Mi è molto utile e credo anche che sia simpatico da leggere per chi ha vissuto coi suoi bambini l’avventura di Lily e Adam e non sa cosa c’è dietro e anche per i miei colleghi, che vedono quanto abbiamo macinato e che viaggio abbiamo fatto per trovare la forma del nostro lavoro. Come si vede, ad un certo punto non si sa più chi ha inventato cosa. Io davvero non me lo ricordo più. Questa è la magia di un lavoro collettivo: gli inconsci si mischiano, un ricordo dell’uno fa affiorare un ricordo dell’altro e quel che ne esce è un distillato di immaginario collettivo che pian piano trova una forma, condizionata certamente anche dai mezzi che abbiamo a disposizione. In questo senso, pensando ai mezzi, abbiamo imparato pian piano un mestiere nuovo. Abbiamo traghettato il teatro verso qualcosa d’altro… ma di questo parliamo dopo. Ecco qua, intanto, uno stralcio del mio diario di bordo

15 aprile 2020
I bambini si trovano privati degli spazi, della relazione tra pari, quindi uno degli obettivi è fornirglieli.
Trovare una modalità non standard di coinvolgere il pubblico.
12 settimane, tre mesi per arrivare a luglio.
I bambini non avranno una possibilità di aggregazione.
Ci immaginiamo un appuntamento settimanale.
Un’avventura a tappe, una saga.
C’è un lavoro di attivazione o produzione narrativa che i bambini devono fare.
Riuscire a creare un itinerario, che tenga viva una dimensione di fantasia ed immaginazione.

I bambini avranno bisogno di personaggi guida.

Stefano: i genitori sulla fascia di bambini piccoli dai 3 ai 5 anni hanno bisogno di attività.
La parte interessante dell’avventura è che i bambini siano parte. L’idea è quella di costruire intorno ai bambini una dimensione avventurosa. Nell’attività che abbiamo proposto i bambini erano coinvolti in forma attiva, in questo modo anche i genitori si sentono coinvolti nella dinamica. Può anche essere un’avventura che i bambini vivono dentro casa.
Giambabbeo (un personaggio creato da Matteo Sanna per molte attività allo spazio Yak) era da solo in casa e non era capace di farsi da mangiare dunque i bambini aiutavano Giambabbeo per fargli capire come fare le cose.

Uno degli obbiettivi di questa avventura è cambiare la percezione degli spazi. Nel momento in cui usciamo di casa avremo la possibilità di rivivere gli spazi in modo diverso.

Forse arrivano dei pacchi.
Si possono condividere anche video, immagini…
Forse la casa ogni giorni si trasforma, forse ogni volta è entrato qualcuno in casa e ha lasciato degli indizi.

20 APRILE
Stefano: io amo molto il film “Il ponte per Terabithia”. L’idea che ci sia un oggetto quotidiano che serve per entrare in un mondo straordinario.
Pacchi che arrivano. Personaggi che vivono avventure ordinarie ma all’interno del loro mondo ci sono degli elementi straordinari. Come se ci fosse qualcosa che entra nella realtà e mano a mano ci si affezionano.

Se lui arrivasse dallo spazio per portare qualcosa. E’ maldestro, non sa parlare bene. Ma fa delle magie.
Ci sono due autorità un po’ cattive che sono uno che insegue lui e uno che controlla lei.
L’alieno non si ricorda perché cerca lei.
A lei arrivano dei pacchi di lezioni per corrispondenza.
E’ convinta che la magia esista e sta cercando di imparare ad essere magica.

Se c’è un cattivo che viene dallo spazio forse è lei che può sconfiggerlo perché ha imparato ad usare la forza. Ha imparato che per sconfiggerlo ci vuole qualcosa di interiore.
Forse c’è WHO che si avvicina e diventa tutto nero.
Forse lei non è così buona. Forse vuol far tutto da sola. Impara con lui a lasciarsi andare, ad avere un amico, a fare qualcosa per gli altri.

Forse l’alieno ha fatto un corso di italiano accellerato e cose quotidiane ma ha imparato troppo in fretta e quindi non sa parlare bene e non sa fare le cose.
Sa che una torta si fa con le uova ma non sa come sono le uova.

Cosa vuole rubare il signor WHO?
Vuole rendere tutti senza amici come lui?
Se l’alieno arriva sulla terra vuol dire che sul suo pianeta il signor WHO sta vincendo?
Allora forse alla fine lei parte con lui per salvare il suo pianeta?
Forse il signor WHO ruba i ricordi, per questo Adamo è così smemorato.
Per sconfiggere il nero dobbiamo aiutarci a ricordare.
Forse lei fa ricordare a lui le cose della sua infanzia. Ripristina piano piano i ricordi.

Lei è un po’ militaresca, è anche dura con lui. Lui è imbranato, lei si aspettava chissà chi invece le è arrivato questo imbranato.
Forse lui è piombato lì nella casa di lei. Ma lei non c’era perché è in un laboratorio. Lui ad un certo punto fruga nelle cose di lei, trova ricordi del passato che lei non vuole svelare.
Lui fa pasticci in casa di lei. Lei chiede aiuto ai bambini per spiegare a lui come si vive in casa. Come si va a dormire, come ci si lava.

Lei mette alla prova la memoria di lui, per vedere se è migliorata. Può essere così un modo per recuperare le puntate precedenti. Lui ha cominciato a distinguere gli oggetti, a parlare meglio.
Lui può trovare delle foto di lei, da bambina. Ma lei non si vuole più ricordare di quando era piccola. Ma lui la costringe. E’ l’unico modo in cui possono sconfiggere il signor Who.
Forse Who vuole i ricordi per trasformarli in oro e costruirsi un palazzo incredibile.

21 aprile
Gregorio (mio figlio, 4 anni) mi dice che rubare i ricordi vuol dire che ti rubano tutte le fotografie di quando eri piccolo.
Forse tutto è programmato perché lui trovi le fotografie di lei e scopra che c’era anche lui in quelle fotografie. Entrambi hanno dimenticato.
Forse il signor WHO comincia ad apparire quando lei vuole dimenticare. Lui lì comincia a far sparire la casa. Forse anche lei comincia a perdere delle parole.
Quando lui cade nella foto potrebbe perdersi in essa, non volere più uscire (i due bambini delle cronache di Narnia persi nell’altro mondo, senza ricordarsi di dov’erano).

23 aprile
Edoardo (mio figlio, 9 anni) mi dice che il cattivo è uno che ruba i ricordi perché a lui era successa una cosa brutta e vuole che sia cancellata totalmente anche dai ricordi degli altri.
Agnese (7 anni) dice che lui non è cattivo, ma siccome sa che i ricordi fanno male, vuole cancellarli da tutti.

L’idea del cattivo come uno che vuole cancellare tutti i ricordi perché ne ha avuti di brutti da piccolo.
Lui vuole cancellare i ricordi, è più interessante che lui li voglia cancellare irrazionalmente, non perché ha un fine di potere, alla fine capiamo che aveva provato un dolore.

Anche lei ha un trauma doloroso nell’infanzia, forse ha fatto male a qualcuno, proprio ad Adamo.
I nomi potrebbero essere Adamo e Lily. Lily viene da Lilith, la prima donna, prima di Eva, colei che non accetta di essere compromessa con l’altro, o è l’altro che non accetta di essere compromesso con lei… per ora ci interessa questo voler far da sola di Lily, questo “non incarnarsi”, fare le cose senza compromettersi con la lentezza della materia. E’ interessante che questo aspetto sia del femminile, questo mi sembra molto attuale.

Lily da piccola ha fatto qualcosa al suo amico, che, con gli occhi di bambina, ha visto come una cosa terribile.
Lei sta cercando di non ricordare più quell’incidente mentre invece quello di cui ha bisogno è di tornare indietro e risolvere quel trauma. Lei si sente responsabile ma non ce la fa a sopportarlo. Inconsciamente sta cercando di attutire questa ferita.
Quando Susanna era piccola era convinta di aver avvelenato suo fratello perché gli aveva dato una medicina. Il padre si era arrabbiato con lei, anche se in realtà lei non aveva colpa. Susanna bambina ha pensato di aver fatto una cosa irreparabile, che la sua vita sarebbe stata rovinata.

Se Lily è alla ricerca della conoscenza totale e si ritrova uno che non è capace di allacciarsi le scarpe lei deve fare da insegnante a lui.

Forse lei ha una telecamera in casa sua che vede quel che succede. Ha una casa intelligente. Guardando cosa succede a casa sua vede che è arrivato lui.

Spesso lei cerca di far imparare ai bambini a fare qualcosa velocissimamente ma non ci riesce.
Invece che signor WHO forse è meglio chiamarlo Signor U.

Il cattivo che ruba i ricordi.
Signor U –> alla fine si scopre che è un bambino triste e solo? Può essere uno che usa i ricordi per catturare la tua vita (come gli algoritmi dei marketing, che modificano i tuoi desideri?). La sua motivazione non è razionale, vuole cancellare tutto, distruggere tutto. Non capisce da dove arrivi il suo dolore.
E’ interessante se lo capiamo alla fine perché sta rubando i ricordi. E’ un bambino che pensa solo che i ricordi sono brutti.
Può anche non essere un nero che avanza, ma qualcosa di colorato. Come avanza questo oblio?
Il nero però è interessante.

I due personaggi possono cadere in una fotografia dove decidono di rimanere. Una foto che diventa magica. Lei ha fatto qualcosa di brutto a lui?  Si perdono, si dimenticano di tutto il resto. Devono ricordare per risucire a uscire. (ma tecnicamente si può fare?)

I due personaggi si conoscono, lui è un terrestre che si è dimenticato (viene dal pianeta ERRAT?) –> trovano una fotografia e si riconoscono, si conoscevano già. Si aiutano per ricordare per riuscire a tornare a casa. Lui fa un viaggio nel passato dentro una foto.
Come si ricordano l’uno dell’altro? Trovano oggetti che hanno entrambi, trovano fotografie in cui ci sono entrambi. Lui trova una cosa che era sua in casa di lei. Un giochino di quando era piccolo. “Ce l’avevo uguale, dice lui.” Lo dirà in una delle prime puntate. Solo dopo scoprirà che era proprio suo quell’oggetto.
Si ricordano della stessa filastrocca, un suono che li accomuna, una canzone popolare un po’ malinconica.

Cosa fa lei? Qual è il suo studio? Perché è così importante questo lavoro? Perché è sola e non le interessa esserlo? Fa qualcosa che c’entra con la dimenticanza.
Cosa le è successo? Pensa di essere responsabile di qualcosa (un incidente?). Sta facendo qualcosa che c’entra con la sua “colpa”. Il suo isolamento, il suo egoismo è causato dal suo senso di colpa, si isola per non creare dolore agli altri.

Noi impariamo a fare le cose se qualcuno ci insegna a farle.
Ci sono delle pubblicità che ti dicono che puoi imparare le cose da solo, collegato a degli elettrodi. Imparare tutto senza bisogno di andare a scuola. –> a scuola ci sono gli altri. Può esserle successo qualcosa a scuola? Lei contatta i bambini per fare un esperimento? E’ alla ricerca di formule magiche per imparare a fare le cose velocemente. Ha creato un suono magico che ti entra nella testa e tu impari a fare qualcosa (fare una frittata, parlare inglese!) o un disegno, un simbolo magico (tipo cerchio alchemico).

Da qui in avanti cominciamo a strutturare le puntate, a scrivere i dialoghi. Ecco come funziona il nostro lavoro: ogni settimana io scrivo i dialoghi, diciamo entro mercoledì. Il giovedì o venerdì fanno le prove, sempre via zoom. Siamo ancora in piena pandemia, non si può uscire. Ognuno a casa sua. Ma così ci si accorge dei limiti e delle possibilità che dà il canale zoom.

Il primo limite, per me che scrivo, è che non posso pensare a delle battute serrate e neanche prevedere che il pubblico veda la reazione del personaggio. Zoom fa partire il video solo di chi sta parlando. Questo rivoluziona la scrittura e bisogna arrendersi a questo, innanzitutto. D’altra parte la cosa affascinante è che con zoom entriamo in casa dei bambini, possiamo chiedere loro di usare oggetti di casa e trasformarli, renderli magici. L’avventura entra nelle loro case ma, allo stesso tempo, è dentro il computer dunque, una volta chiuso, anche il cattivo signor U non fa più paura.

Come dicevo, costruiamo velocemente una catena di montaggio: io faccio la prima stesura, Stefano, Susanna e Riccardo fanno la seconda mentre provano, aggiungendo elementi di interazione coi bambini e cambiando il testo a seconda delle possibilità di oggetti e scenografia che hanno nelle loro case. Mi abituo a non essere gelosa della scrittura, imparo a godermi le trovate nuove dei miei compagni, che, mettendosi addosso il testo, lo sistemano e lo valorizzano.

Quando sentiamo che c’è uno stallo nella narrazione, cerchiamo di capire come cambiare la direzione, introdurre un elemento nuovo. E’ allora che a Stefano viene in mente di inserire il vecchio maestro di Lily e a me viene in mente Balenovich, un uomo anche lui fissato con la velocità che ora però è diventato lento e studia le balene. Ma non sono sicura che sia andata così, perché non so più se l’idea affiora da me o da chi, non so se Battibaleno è un’idea mia o di Susanna, non so se l’idea che Adam non sia un alieno ma un bambino che si è rifugiato nei videogiochi sia un’idea solo mia. Ma sono certa che qualcosa di questa idea mi è arrivata da mio figlio Edoardo e lui ha capito benissimo che stavo parlando anche a lui e credo che qualcosa di quelle puntate gli sia entrato dentro. La paura di confrontarsi con l’altro, di non saper gestire il reale, tanto più in questo periodo di chiusura, è qualcosa da affrontare, per tutti noi.

Quel che mi pare è che la nostra macchina produttiva si sia collaudata sempre di più. La seconda serie: “Lily e Adam detective” è certamente più strutturata e affascinante della prima. C’è un giallo, c’è una storia costruita e dettagliata dalla prima all’ultima puntata. Moltissime modifiche vengono fatte nelle puntate, anche seguendo i suggerimenti dei bambini, ma il giallo è programmato e condiviso da tutti fin dall’inizio. Il personaggio di gattofalco, per esempio, nasce come un gioco in una puntata e poi diventa tormentone, diventa uno degli assi portanti, divertenti, i suoi video funzionano, nonostante i mal di schiena di Stefano, che gira tutto a carponi. Lo Yak è resiliente, cerca l’erba dove non si pensa possa crescere. Si nutre di steli ma diventa forte, possente, piano piano, un passo alla volta. Questo si impara, stando con lo Yak.

Angela Dematté