SIMPLON
di e con Stefano Beghi
regia di Stefano Beghi e Marco Di Stefano
musiche dal vivo di Marco Prestigiacomo
luci e Suoni di Antonello Ruzzini
costumi di Alice Sciaulino
stampe & Type
Prodotto con il sostegno di R.A.M.I. Residenza artistica e di Manifattura K
Spettacolo vincitore di Strabismi 2017
Simplon è il nome di quel luogo in cui per millenni l’uomo ha valicato la frontiera naturale delle Alpi. Oggi, per noi, è al di là dell’immaginaria linea di confine politico, ma al di qua della cresta della montagna: incarna le contraddizioni della frontiera, e per quanto vorrebbe essere “da qualche parte” esso, semplicemente, rimane sul confine…
Sotto la montagna, nel cantiere che darà vita al traforo del Sempione, nasce il primo western a teatro: il sogno di superare il limite imposto in un duello faccia a faccia fra l’uomo e la natura.
Un buco in una montagna: non basterà a cancellare la frontiera?
LA STORIA
Era il 1898, quando Leone, il protagonista di questa storia ha scelto di partire. La meta, come per molti altri uomini del suo tempo, era il più grande cantiere che la storia italiana avesse mai visto prima: gli scavi per il traforo del Sempione.
Leone, adolescente cresciuto ai margini di un’Italia troppo giovane per potersi chiamare Stato, è spinto dalla rabbia per una condizione di povertà che non capisce, dal desiderio di riscattarsi, dall’ambizione di diventare grande. E come sempre succede, l’ambizione vuole fare la strada più breve…
Il giovane fa una scommessa che, come tutte quelle che si rispettano, è decisamente più grande di lui: sa che poco al di sopra degli scavi giace una miniera d’oro, forse la più produttiva di sempre in Europa, la miniera d’oro di Gondo.
“Il governo e i ricchi milanesi avevano deciso di aprire un nuovo buco nella montagna, qualche chilometro al di sotto della miniera. Per andare in Svizzera, dicevano loro… ma una buffonata del genere non si era mai sentita. Ci sono mille ragioni per ammazzare un uomo ma solo una per uccidere la montagna: è per avere la sua anima. Per avere il suo oro.”
È convinto di poter fare l’affare del secolo, ingannare il suo destino, il suo Stato, la Storia o semplicemente quella condizione di natura che ogni reazionario chiama vita… non ha un’idea chiara di quello che sta per fare, ma, con una smodata voglia di ricchezza (che presto diventerà una fissazione), è salito sul treno diretto alla frontiera. Essa, però, si dimostra essere un ambiente duro, in cui i contorni tra lecito e illecito, normale e assurdo, naturale e sovrannaturale svaniscono, si mescolano…
Nessuno sa davvero cosa nasconde quella montagna, ma attaccarla, ferirla, ucciderla è l’unica cosa che sembra contare davvero.
Quello che il giovane incontra in quel cantiere sono il condensato delle contraddizioni di un periodo storico che è anch’esso sul confine tra l’antico e il contemporaneo, tra il desiderio di essere nazione e la delusione di essere semplicemente uno Stato, tra la società agricola e quella industriale, tra il lavoro manuale e il delirio tecnico-scientifico… Un ingegnere divorato dal desiderio di compiere l’impresa, politici astratti e sognatori, anarchici, operai senza alternativa, le loro mogli… sono loro i personaggi di questa storia, un’unica squadra in lotta contro la montagna, simbolo di tutti i limiti imposti, in cui ogni conflitto si confonde (o si maschera?) con l’eterna incomprensibile lotta tra l’Uomo e la Natura. La vicenda di Leone prenderà un brutta piega: un incidente in galleria, una morte imprevista e una condanna da cui doversi discolpare.
Peserà sulle spalle del nostro giovane Leone la responsabilità di raccontare i fatti, fare l’ultimo passo, prendere l’ultima decisione, scoccare l’ultima freccia… gloria o sventura?