ANTIGONE
Questa non è una tragedia

di Chiara Boscaro e Marco Di Stefano
regia di Marco Di Stefano
con Susanna Miotto, Alice Pavan, Riccardo Trovato
e con Sergio Beghi
installazione video di Stefano Beghi
audio di Antonello Ruzzini
organizzazione Maddalena Vanolo
una produzione Associazione Culturale Karakorum

Antigone vaga in una terra di nessuno, nella luce abbacinante del giorno. I corvi volteggiano in alto, lì dove giace il corpo di Polinice. Antigone ha deciso di sfidare la legge e coprire con un pugno di terra quel fratello senza vita. In un tempo che vede gli anziani cadere come mosche, i riti son preclusi a quel giovane morto inutilmente. Ma perché?

Antigone sa cosa deve fare. Anche se il coro degli anziani non c’è più. Anche se il Discorso del Potere parla da uno schermo, lontanissimo e fuori tempo. Anche se la città è vuota. Antigone sa cosa deve fare, e sa a quali conseguenze va incontro: è pronta a rinunciare alla giovinezza, all’amore di Emone, all’affetto della sorella Ismene, al futuro.
È stupida, Antigone? È ribelle? O solo coerente?

Questa Antigone è una riscrittura contemporanea della tragedia sofoclea che arriva dopo una pandemia, dopo un lungo tempo di chiusure e dopo la perdita di grandi intellettuali che hanno segnato il nostro percorso: Antonio Tarantino, Lars Norén, Ismael Ivo, Gigi Dall’Aglio.

Questa Antigone non sappiamo se è davvero una tragedia. Segue la traccia di Antigone, personaggio segnato da un destino in bilico tra legge e dovere etico, ma manca il coro, manca il rito, potrebbe mancare persino il finale. È una tragedia monca, in cui i giovani sono chiamati a rimboccarsi le maniche, sono chiamati a ricostruire una città da zero, sono chiamati a rispettare regole durissime.
Ma chiamati da chi?

Questa tragedia/non tragedia ha quattro personaggi. Antigone, Emone, Ismene e un Discorso del Potere, distante, a reti unificate, ma tanto ragionevole.
In scena, solo qualche schermo e un paio di microfoni, per un teatro che arriva da lontano, ma che sentiamo vicino nel nostro interrogarci sui limiti della giustizia e dell’etica, in un momento in cui la legge e la necessità hanno messo in discussione diritti che consideravamo inalienabili.